Gregario, attaccante, campione, finisseur, outsider. Una personalità come quella di Marc Soler rientra in quelle che non si possono definire: un corridore pressoché indomabile quando la giornata gli consente di lasciarsi alle spalle le briglie e correre nelle praterie dei suoi voli pindarici che - a volte - si rivelano più reali che mai. Per quanto le possibilità di riuscita siano minime, Soler è uno che soppesa più l’istinto che la matematica, in un impasto di emozioni crude e speranze al vento che - si sa - ai tifosi del ciclismo fa letteralmente impazzire. 

Mi piace molto correre all'attacco” spiega lo stesso Soler. “È una sensazione speciale, molte volte non si vince ma ci si sente bene con sé stessi, sai di aver dato il 120% e  hai la soddisfazione di raccogliere i risultati del duro allenamento. È una vera motivazione. Non è mai facile inquadrare un corridore nella sua interezza ma, su di me, si può dire che generalmente il mio compito è aiutare i leader ma quando ho la libertà e l’opportunità di trovare il mio spazio, faccio di tutto per provare a raccogliere i risultati. Non importa quante possibilità di riuscita ci siano, l’essenziale è provarci.

Adesso che l’atleta spagnolo sta correndo la Vuelta a Espana - tra l’altro la corsa in cui ha debuttato come professionista nel 2017 - ha già trovato terreno fertile per provare a lanciare le sue folli azioni a finale incerto con thrilling assicurato. La speranza è quella di ripetere la straordinaria vittoria dell’anno scorso dove è praticamente successo di tutto, ha attaccato, si è staccato e poi ha riattaccato di nuovo, in nome di quella legge del “niente è finito finchè non è finita.”

La Vuelta è la mia gara di casa” racconta. “Mi piace perchè si svolge spesso su strade che conosco bene e sulle quali mi alleno. L’anno scorso è stato davvero speciale, ho fatto quindici chilometri in solitaria prima di arrivare al traguardo e, guardando indietro verso i miei avversari che cercavano di rientrare, pensavo a tutto il lavoro che avevo fatto fino a quel momentoì. La squadra mi aveva dimostrato fiducia fin dal primo istante ed ero veramente grato per quel supporto, non mi hanno mai fatto sentire solo. Quando soffri, la tua mente va sempre al tempo che hai dedicato agli allenamenti e al lavoro lontano dalla tua famiglia ed è bello ripagare così tutti i sacrifici.

Le tre settimane della Vuelta sono lunghe e decisamente fatte per soffrire, oltre che per tentare un azzardo, come è nello stile Soler. Forte della partenza a Barcellona, vicino a casa, con tutti i suoi cari attorno, lui crede nelle sue piccole ma infinite possibilità di successo. 

Questa edizione è molto dura, gli arrivi in salita sono davvero tanti” conclude. “Ma sono sincero, ho cerchiato quella del 6 settembre: è il compleanno di mia moglie e spero di farle un regalo molto speciale”

Così, come molto spesso succede, il ciclismo fonde il suo lato romantico con quello crudele della Spagna più affascinante e impietosa, per regalare altre tappe così, impossibili da prevedere ma così facili da vivere intensamente.