La scalata al Mont-Ventoux a dieci anni con la sorella Hélène. Il ricordo indelebile di Arnaud Demare in una giornata dove il vento sulla cima ha inciso il ciclismo nel suo cuore.

Era l’agosto del 2001, eravamo in vacanza in un camping della Provenza, ai piedi del Mont Ventoux. Le nostre giornate le trascorrevamo in piscina, tra i villaggi pittoreschi, ai mercati locali e soprattutto in bicicletta, il giocattolo preferito della famiglia Démare. Un giorno mia madre disse a me e a mia sorella: “Oggi scaleremo il Mont Ventoux e vedremo le ragazze del Tour de France”. Si trattava dell’edizione femminile del Tour, naturalmente. Il papà, insieme ad alcuni parenti ciclisti, era partito quella mattina presto mentre la mamma aveva pianificato l’ascesa dal paesino di Sault, un versante più dolce.

Io e mia sorella Hélène ci ricordiamo sempre della regola di quel giorno: dovevamo fare una pausa ogni trenta minuti per mangiare una barretta ed evitare l’ipoglicemia. Fu una strategia più che vantaggiosa perché riuscimmo ad affrontare quelle ore senza grandi difficoltà, riuscendo a goderci solo il piacere di una bella giornata in bicicletta. In questa foto siamo io, mia sorella e la mia mamma durante una di quelle pause, sto indossando la divisa del mio club di allora - CCFormerie - e si possono vedere anche le nostre mountain-bike là dietro. 

Non so se quando abbiamo scattato questa foto avevamo già superato la stele di Tom Simpson ma ricordo perfettamente che mi aveva colpito il fatto che un corridore fosse morto in bicicletta: c’erano così tante borracce, magliette, oggetti che le persone avevano lasciato lì per affetto. 

In cima soffiava il vento e siamo stati ad aspettare il passaggio mentre la gente veniva a chiederci: “Siete davvero saliti fin qui con la bicicletta? Ma quanti anni avete?”
Noi eravamo così fieri di quello che avevamo fatto e io, guardando gli occhi stupiti di quelle persone, mi sono reso conto di quanto fosse incredibile il fatto che un bambino di dieci anni avesse scalato il Mont Ventoux. 


Quando è arrivata la corsa, mia madre che seguiva il ciclismo femminile ha iniziato ad incoraggiare alcune di loro ma io non conoscevo nessun nome. Le osservavo arrivare in cima così stanche per poi lanciarsi a valle e giocarsi la vittoria. Niente a che vedere con la mia scalata e tutte quelle pause che avevamo fatto. 

I nostri genitori sapevano che io e mia sorella avevamo imparato a guidare la bicicletta e la discesa è stata fantastica. La sera siamo tornati al camping affacciato sui campi di lavanda, impazienti e felici di raccontare tutto a papà.